In morte (stenopeica) di Paolo Gioli

gennaio 28, 2022

Venerdì 28 gennaio 2022. Oggi è morto Paolo Gioli “unico” artista internazionale “rivelato”* dal Polesine del ‘900. Se non si trovano sue “opere” esposte a Rovigo, occorre andare a Parigi (al Georges Pompidou) o a New York (MoMa) o a Chicago (Art Institute) per vedere la visione del suo ingegno. [Paolo Gioli (Sarzano (Rovigo), 12 ottobre 1942 – Lendinara, 28 gennaio 2022) è stato un pittore, fotografo e regista italiano, di cinema sperimentale – Wikipedia]. Sconosciuto ai più perché mai omologato al pappa-ciccia culturale locale (al servizio del potere politico oppressivo dominante), proprio l’estate scorsa ha rifiutato una mostra al Palazzo Roverella propostagli dalla potente Cassarisparmio (perché produce cultura sul modello romano a panem et circenses). *Il rivelatore, o sviluppo, serve appunto a sviluppare le fotografie con l’immagine impressionata che da latente diventa evidente.

L’ARTE SPERIMENTALE E SOCIALE
Se l’”occhio di vetro”* di Paolo è situato sul versante sperimentale ed attraversa – rivisitandola, la storia della fotografia e del cinema, questo non gli ha impedito anche l’impegno sociale (pure d’avanguardia) dalla parte degli oppressi. Tanti si ricorda della Bacheca del Collettivo Immagine in via Cavour a Rovigo dove, in collettivo coi compagni, esponeva giornali murali di satira politica contro il “sistema” capitalistico dominante, nella fine degli anni Settanta – Ottanta. “S-Corrigeteme se sbaglio”, esclamava un Papa col corpo a gheriglio di noce (Woitila che era andato a celebrare ed a fare messa per Pinochet nel Cile del colpo di stato fascista), su uno dei tanti fogli affissi settimanalmente. Manifesto e bacheca sequestrati immanente dalla Polizia di stampo Militare per Vilipendio di Capo di Stato straniero e la bacheca tutta mandata al rogo, col foglio contenuto dalla furibonda Procura di Rovigo [tempi in cui anche “Ultimo tango a Parigi” di Bertolucci, subiva la stessa sorte: il rogo – Ndr]: quella guidata dal noto sequestratore (anche de “Le ore” [che si creavano “code” di allupati in processione su via Adige per andare a Boara “di là ad acquistare il noto settimanale cronologicoNdr]) detto -appunto Furtarello! [Da Curtarello – Ndr].
*”Secondo il mio occhio di vetro” è il titolo di un film di Gioli.

Una “bacheca” raffaellesca del Collettivo Immagine, 9 marzo 1980. Il riferimento è all’operazione “Processo 7 aprile”, promossa dal Sostituto Procuratore di Padova Pietro Calogero, che il 7 aprile 1979, portò all’arresto, e poi a processo, dei maggiori leader e dirigenti dell’Autonomia Operaia (15 arresti e 6 che riuscirono a scappare), da Negri a Vesce a Scalzone, a Piperno, a Marzio Sturaro – dirigente di Rovigo, in tutta Italia, ma soprattutto in Veneto, oltre ad altre centinaia di indagati e migliaia di arrestati negli anni seguenti.

cartolina 7 aprile rovigo

IL BOTTONE (e il pugno) STENOPEICO – POLITICO
Un esempio di sperimentazione artistica al servizio sociale e politico è stata quella volta del processo agli stupratori di Cavarzere, seconda metà anni Settanta a Rovigo, con la partecipazione nutrita di femministe e compagni in Tribunale a dare sostegno alle ragazze vittime. Paolo arrivò con uno dei  bottoni a pressione del giubbotto modificato (stenopeico): nel senso che ci aveva messo dentro un pezzetto di pellicola sensibile ed aveva chiuso il forellino d’entrata con nastro adesivo nero. Davanti ai poliziotti agguerriti, che sbarravano l’aula, Paolo levò il nastro per la frazione di tempo sufficiente all’esposizione e lo stesso pomeriggio (dopo la carica della Polizia) in bacheca del Collettivo Immagine veniva affissa una grande fotografia, con didascalia, di un poliziotto militaresco dall’aria truce e minacciosa. (Orpo! Vado in soffitta a vedere se la trovo).

“Bacheca” del Collettivo Immagine, 7 aprile 1984. La visione della donna rappresentata nella storia della pittura e poi nella pubblicità come “portato” culturale che “porta”, infine, anche al delitto del Circeo (Lt) del 30 settembre 1975. C’è da spiegare che all’epoca non c’era internet e le immagini erano accuratamente ritagliate (in un paziente lavoro d’archivio) da riviste, inserti, enciclopedie…

ALTRI TEMPI (dell’impegno civile)
Altri tempi – ormai oscurati, quando l’arte sociale pagava pegno e veniva altresì perseguitata (13 denunce per satira politica e diffamazione, sequestro di fogli e bacheca tutta compresa, furto e rottura di bacheca da parte di squadre fasciste, furto della Vespa di un socio bachecaro (poi ritrovata in Adigetto), da parte dei tifosi per la bacheca “Rugby Rovigo la Sudafricana”… che pareva di essere proprio nel citato Cile di Pinochet.
Coi compagni dell’area dell’Autonomia, Paolo ha anche realizzato “stati di fermo”, filmati, ed esposizioni varie: ci si ricorda qui di quando fu “fermato” a Polesine Camerini mentre con altri soci stava realizzando un servizio sulla Centrale, del filmico “Il Mostro dentro di noi” (Berlinguer), delle sagome di politici (a tre palle cento lire) alle Feste del Proletariato, e dei suoi film sperimentali proiettati alla grande festa del I maggio 1979 al Manicomio di Rovigo [Paolo Gioli in Manicomio! – Ndr]. Nell’Ospedale Psichiatrico Provinciale di Rovigo dove, nei primi anni Settanta, assieme al mitico gruppo comunardo alternativo di teatro e musica, Centro Atomico Ca’ Matte, sotto tutela del dottor Pier Giorgio Prudenziato, registrava in Superotto sedute camattiane di sociodramma (alla Moreno) coi malati, con la cinepresa mimetizzata con un foglio di giornale.
Tempi di gioventù e di agone politico contro i potenti, dell’economia e della cultura, che ne è un suo portato ed emanazione. Tempi di com-unione sociale e di lotta per un mondo migliore per tutti (non solo per pochi).

collettivo immagine piazza romaCollettivo Immagine e simpatizzanti (tra cui figura anche Valentini Paolo che diventerà poi un nazi-skin) in Piazza Roma, fine anni ’70.

PAOLO GIOLI OBSCURATO IN POLESINE
Paolo Gioli, salvo eccezioni, è stato completamente oscurato dalle istituzioni culturali locali dell’epoca (le Banche dei Finotti, le Istituzioni tutte, a partire dalla  Provincia dei Nonnato, dall’Accademia dei Boniolo, dal Comune dei Tovo alla Cultura e aziende teatrali da Weinstein alla Lemming…),
soprattutto negli anni Settanta quando ne aveva di bisogno anche economicamente. Con l’eccezione di un altro autentico faro polesano, don Pier Antonio Castello che, estimatore del lavoro di Gioli, ai primi anni ’80 gli fece presentare le sue opere ai propri studenti di Badia e li accompagnò anche al Sicof di Milano (nel 1981) a visitare le opere del maestro che lì, con altri autori, esponeva.

IL GIOLI TRICEFALO (intermezzo cinematografico)
L’uomo con la macchina da presa*. Nella sua funzione di moderno sperimentatore di tante tecniche proto-fotografiche e cinematografiche, Paolo Gioli lo si chiamava anche il “tricefalo” perché – unico, come i Lumière, riusciva a ricombinare le tre funzioni della macchina da presa: per riprendere, per sviluppare la pellicola e per proiettarla sullo schermo. E, addirittura, a fare film senza telecamera.
*L’uomo con la macchina da presa, un film di Dziga Vertov, 1929.

LA CAMERA OSCURA STENOPEICA
La magia di scatole di latta e cartone che diventano macchine fotografiche
Il foro stenopeico (dal greco stenos corto e dal tema op di orao vedere) sta alla centralità della “camera obscura” che poi diventa “camera ottica” nel 1500 e poi camera fotografica (e poi cinematografica) nel 1800. L’arabo Alhazen (che gli Arabi ci hanno portato anche il numero zero) identificò i princìpi fondamentali della fotografia (che vuol dire scrivere con la luce) quando realizzò, già nell’anno mille, quella che si può considerare la prima camera oscura di cui si abbia notizia. Si trattava di una stanza buia (in origine una caverna) in cui la luce entrava da uno spiraglio grande quanto una punta di spillo, proiettando sulla parete opposta l’immagine capovolta di ciò che si trovava fuori (anche nella retina dell’occhio le vedute esterne vengono proiettate rovesciate e invertite).
alhazen prima camera oscura

L’UOMO SORPRESO AL BUIO* DEL FORO STENOPEICO
Nel crudele spazio stenopeico*. Paolo Gioli è stato anche un grande sperimentatore della fotografia a foro stenopeico volgendo le sue ricerche su quel piccolo foro attraverso il quale l’immagine illuminata si proietta invertita sulla parete resa “sensibile”, con foglio fotografico, della camera obscura.
* “Volto sorpreso al buio” e “Nel crudele spazio stenopeico” sono titoli di film di  Gioli.paolo gioli stenopeico                                Paolo Gioli di qua e di là del foro stenopeico

Ci si ricorda quando girava (in Polesine con un’Ape – vedi foto) con una enorme scatola stenopeica – cubica, di un metro e mezzo di lato, per le lande e sulle banche dell’Adige, ed anche in piazza S. Marco a Venezia, a realizzare “vedute” a la Niépce, accuratamente mirate del paesaggio (impresse e poi sviluppate su adeguate Polaroid gigantesche).

L’E’ PASSA’ TRAVERSO ON BUSETO STENOPEICO!
Ecco, ci piace pensare che adesso Paolo Gioli, come un raggio di luce, è entrato in linea retta dal foro stenopeico dentro la camera oscura (a caverna) dell’universo, dove si stagliano le figure invertite e riflesse della nostra esistenza, in attesa che un dio fotografico le “sviluppi” e “riveli” di nuovo la loro immagine, che è corpo e anima. Allora la camera oscura (dell’universo) diventerà una camera chiara* (e tutti ne saremo rivelati)!
* Strumento per disegnare il paesaggio (la prospettiva, le figure) attraverso uno specchio, ma anche il titolo di un libro sulla fotografia scritto dal critico francese Roland Barthes nel 1980 («La società si adopera per far rinsavire la Fotografia, per temperare la follia che minaccia di esplodere in faccia a chi la guarda») – una definizione che ben inquadra la fotografia di Paolo Gioli.

Nel crudele spazio stenopeico 1980

Nel crudele spazio stenopeico, 1980.

PANORAMATIPIA (l’occhio oltre)
La “panoramatipia” (dal greco typía) è l’impronta, il carattere che (in portato con la teoria darwiniana) caratterizza i polesani che vivono e si adattano ad una terra piatta, senza quinte prospettiche e senza prospettiva (nell’elettroencefalogramma completamente piatto della popolazione gli unici picchi sono quelli della discarica dei rifiuti a Villadose/bip, o dei caselli rialzati in autostrada/bip), ed in più, con la nebbia aumenta a dismisura la perdita di visibilità e l’orbità si fa sociale e culturale. Ecco perché i polesani, ben sopra la media nazionale, sono succubi, senza prospettive ed orbi anche alla visione ed agli ideali. «So chi taccà a ‘na rama», grida un sopravvissuto all’alluvione del 1951, dal cui pantano culturale e sociale [lì nasce la tangentopoli polesana! – Ndr] il Polesine non è mai stato bonificato. Ma da questa affliggente Panoramatipia piatta – seppur in cinemascope, si ribella ed erge Paolo Gioli che segue, esule – appunto, la sua strada prospettica di artista che, senza alcun riconoscimento locale, diventa ben presto internazionale.
Omaggio e riconoscenza a Paolo Gioli, uno dei pochi fari di cultura, che si contano sulle dita di una mano (quella sinistra di Django Reinhardt) di questa terra piatta e monocroma, nwebbiosa e obscurata, con l’umidità del 99% che trasuda ed esonda nel cervello degli indigeni.
Cinque dita ha la mano*, ciao Paolazzo!
*Cinque dita ha la mano è un manifesto di John Heartfield (il primo a usare i fotomontaggi per la satira politica) per le elezioni politiche del 1928 (per i comunisti) in Germania.

EPILOGO SPIRITUALE
(Troviamoci) AL DI LA’ DEL “BUCO NERO” STENOPEICO
Chissà se il “buco nero” (vedi fotografia) non sia un enorme foro stenopeico attraverso il quale il raggio della nostra vita “riflessa” passa, viene proiettato di là, da questo universo cupo (come la caverna/camera obscura che ci origina), che ci figura, ad un “altro” universo, chiaro e riverberato di luce. O che non sia invece un buco (a foro stenopeico) che ci proietta, in un salto temporale, verso un le nostre rimembranti giovinezze prima che arrivi l’oscurità?

 

.a.

© Tutti i diritti riservati per testo e foto.

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.